Un MaB in Paradiso

“Tutto è connesso
Non si può toccare un fiore senza toccare una stella”
Ceresole Reale 17-22 luglio
Caro lettore eccoci di nuovo qui
Ti vorrei far partecipe della nuova avventura che vede coinvolte 13 delegazioni scolastiche provenienti dalle più disparate zone d’Italia, dalla Lombardia al Piemonte, dall’Abruzzo alla Sicilia passando per le Marche e il Lazio, per vivere intensamente una settimana dedicata ai 100 anni del Parco del Gran Paradiso. L’allegra compagnia tolkeniana si ritrova nuovamente ai piedi delle Alpi Graie per avvalorare e rafforzare quello spirito di condivisione e scoperta che ha unito tutti i suoi membri.
Ci ritroviamo a Ceresole Reale sulle rive dello splendido lago, le cui acque si tingono di cobalto, indaco e ciano, circondato e protetto dalle maestose Tre Levanne le cui vette ci scrutano per cogliere i nostri spiriti indagatori , le nostre essenze e leggere nell’intimo dei nostri cuori.
La valle si snoda lungo il fiume Orco e il lago artificiale i cui lavori iniziarono nel lontano 1925. Nel 1931 la diga cuore pulsante della valle entrò in funzione alterando ahimè la fisiognomia dei luoghi.
Le opere invasive in realtà creavano nuovi ecosistemi antropo-naturali, nuove possibilità di vita, di relazioni, di sguardi e percezioni.
Erano gli anni in cui l’Italia, paese leader per lo sfruttamento idroelettrico, edificò strutture in tutto l’arco alpino. Gli anni in cui l’uomo, lungimirante, cercava un sodalizio con la natura.
La valle, come dicevo, si inerpica sino al Colle del Nivolet che con i suoi 2612 metri slm connette la piemontese Val dell’Orco alla valdostana Valsavarenche.
Un paesaggio fatato in cui i piccoli laghi di circo, rocce montonate su cui anche all’occhio meno indagatore appaiono graffi, lucidature, scanalature, intaccature semilunate testimoniano la presenza di antichi ghiacciai.
L’abrasione glaciale è in grado di modellare le forme del paesaggio come fosse un mastro ceramista, antenato di Giorgio da Gubbio, all’opera con la creta meno malleabile, i materiali lapidei dei luoghi.
Lo spettacolo è impagabile, si cammina letteralmente nelle nuvole diafane, esili, di un colore alabastrino, a contatto con le rocce levigate, lucide a tratti , ricoperte di licheni, simbiosi stabili tra un fungo e uno o più organismi fotosintetici alghe verdi e / o cianobatteri. La natura ci racconta di sinergie e spettacolari incontri.
I blu cerulei lacustri si alternano ai verdi lime, primavera, giallo chartreuse e cinabro. Qua e là sputano gli zaffiri del parco , piccole genziane di un intenso color blu.
Si incontrano stambecchi e non è raro veder volteggiare la signora delle Alpi… l’Aquila.
Tutto è connesso
Colori
Acque
Cime
Stelle
Come ti raccontavo caro lettore la valle dispiana le sue meraviglie celando i suoi tesori più intimi , quasi gelosa, agli occhi indiscreti dei viandanti moderni.
Il Lago di Ceresole mostra lungo tutto il suo perimetro spettacoli mozzafiato e nelle sue acque si specchiano immense le Tre Levanne.
Narra la leggenda che le Tre Lavanne fossero in realtà tre sorelle dall’aspetto alquanto pittoresco, Giana la maggiore dal temperamento sanguigno aveva l’abitudine di scrutare intensamente i visi delle persone per coglierne le intenzioni, Nives, la mezzana, era assai gracile e conciliante e la piccola e vivace Alba sempre pronta a cimentarsi in imprese rischiose si scapicollava per i pendii balzando con maestria di masso in masso.
Vivevano ai piedi delle alte montagne che collegavano , grazie a tortuosi ed erti sentieri, i territori dell’Alta Savoia con la pianura ai piedi del monti, dal latino “ad pedem montium”, letteralmente «ai piedi dei monti” da cui il nome Piemonte.
La loro abitazione ubicata nei pressi del lago Dres ricordava, caro lettore, le casupole che puoi osservare oggigiorno ai piedi del più grande lago di Ceresole costruite con materiali semplici, rocce come gneiss, filladi e micascisti, legno di abete bianco, rosso e pino cembro. Il tetto roccioso, costituito da lose occhiadine e filladi scolpite a mano da Giana, poteva reggere le impetuose bufere di neve e la più adirata tramontana.
I muri, spessi, semplici e intonacati di calce bianca, mostravano piccole aperture, pertugi, da cui poteva entrare la luce fioca dell’alba e del tramonto. La casupola apparentemente semplice, ruvida e quasi insignificante, rivelava in realtà un certo gusto estetico reso ancor più vibrante dalle persiane di abete purpureo e dalla Porta lignea di abete rosso, maestosa, austera, adornata con strani loghi ancestrali, frutto dell’ingegno artigiano del Padre, mastro del bosco e intagliatore.
Al cospetto del sacro legno si potevano osservare inginocchiati bandelle di ferro battuto, cardini, chiodi e una strana serratura.
La porta, unico ricordo del vecchio padre scomparso in una terribile tempesta di neve, mostrava ai viandanti, sbigottiti per l’imponenza e la raffinatezza, una certa sacralità quasi fosse un simbolo di accesso ad un mondo magico, insondabile e ai più proibito.
Tutto è connesso
Natura
Montagna
Uomo
Sogno
L’interno, semplice e apparentemente disadorno, si apriva su un’ampia cucina con un grande camino definito da una struttura semplice e sobria, caratterizzata da due piedritti di gneiss verdognolo che, come due antichi talamoni, sorreggevano un architrave granitico sul quale poggiava la cappa nella sua classica forma a piramide tronca.
Il Padre aveva scolpito sulla cappa gli stessi strani loghi ancestrali presenti sulla porta di ingresso.
Alle pareti alcuni vecchi dipinti e quadri con fiori secchi e tessuti in cui la verticalità degli orditi fungeva da guida per gli intrecci orizzontali delle trame come il destino tesse le vite degli uomini.
Una scala di legno, tortuosa, viva, anch’essa maestosa come la porta d’ingresso, conduceva al piano superiore dove era presente l’ unica stanza da letto in cui potevano dormire le Tre Levanne.
Non ci è dato sapere come fosse la camera da letto poiché nessuno, a parte le protagoniste di questa storia, ci aveva mai messo piede.
Le tre sorelle vivevano di ciò che poteva offrir loro Madre Natura.
Giana, dall’andamento claudicante per il peso e un’anca maldestra, si occupava della legna e dell’orto. Nives accudiva con affetto le tre pecore e le due caprette a cui aveva attribuito stravaganti nomignoli mentre Alba si occupava delle faccende domestiche, della raccolta dei frutti commestibili e della preparazione del formaggio.
La loro quotidianità seguiva inesorabilmente il passare del tempo, il cambiamento della luce, quasi impercettibile, il mutare delle stagioni, i ritmi della natura sempre uguali e ripetitivi.
L’apparente normalità veniva di quando in quando soverchiata dai colpi repentini dell’inverno, dall’arrivo precoce delle primavera, dalle nascite e dalle premature scomparse.
Tutto è connesso
Tempo
Storie
Nascite
Addii
Le tre sorelle solevano scendere in paese quando la Luna, compagna di molte nottate, si ergeva lucente, gravida, sopra la valle. Si sentivano più sicure lungo il sentiero, antica via di caccia, nel fitto del bosco, dove si raccontava vivessero strane creature, le masche, streghe malevole dai poteri straordinari che godevano dell’immortalità ma non dell’eterna giovinezza e le loro antagoniste, le Faie, dall’aspetto assai più rassicurante e prodighe di aiuti per i pastori. Anche un Orco e la moglie abitavano nei boschi in prossimità di una grotta. L’Orco, buono per natura, aiutava i boscaioli e gli abitanti dei piccoli villaggi che per ricordarlo diedero il nome Orco al fiume che per millenni ha scolpito la valle.
Sicuramente nelle loro discese a valle le Tre Levanne avevano incontrato questi mistici esseri ma stranamente riuscivano ogni volta a vincere le paure e raggiungere il paese all’alba per scambiare i loro prodotti con attrezzi, cibarie e racconti. Nives e Alba titubanti si recavano alla chiesetta per salutare maldestramente il buon pastore, incontrare alcune conoscenti, rallegrarsi per i nuovi visi e rattristarsi per gli addi non pronunciati, mentre Giana mercanteggiava con i villici per ottenere ciò che le serviva.
Ritornavano poi, felici, quasi sollevate per aver superato indenni la socialità forzata, alla loro abitazione.
Sì …. non erano fatte per la vita del villaggio.
Loro si capivano con gli sguardi, l’abitudine e le consuetudini avevano forgiato il loro carattere e la loro unione.
L’isolamento le aveva rese più dure ma di certo non insensibili.
Nives sapeva leggere i cambiamenti impercettibili dei boschi, comprendeva il linguaggio della natura, sapeva riconoscere le migliaia di specie vegetali presenti nella vallata da cui traeva strani intrugli curativi utilizzando ginestra e timo serpillo. Alba distingueva i versi di tutti gli animali, orsi e camosci, stambecchi e aquile e si racconta sapesse anche dialogare con loro. Dal canto suo Giana leggeva e interpretava la geomorfologia dei luoghi, l’interazione tra il cielo e la terra, percepiva il vento e le nubi, sentiva il profumo della pioggia e della neve.
Nessuna delle tre sorelle sapeva quale fosse l’origine di quei doni tramandati di generazione in generazione dalle donne della famiglia.
Tutto e’ connesso
Cielo
Terra
Percezioni
Misticismo
Si stava avvicinando oramai l’ultimo inverno, il più rigido che si sarebbe mai visto.
A settembre la luce già diminuiva di intensità e un fresco vento autunnale faceva presagire ciò che sarebbe successo di lì a poche settimane.
Giana, più nervosa del solito, cercava di sistemare il tetto e le persiane, accatastava molta legna per il camino, raccoglieva i frutti del duro lavoro nell’orto.
Nives mungeva le capre e tosava le pecore sambucane per ottenere un filato caldo e morbido. Nel bosco raccoglieva quante più erbe medicinali potesse trovare, Artemisia umbelliformis, Achillea Millefolium amica delle donne, Peucedanum Ostruthium utile per gli stati febbrili invernali e molte altre ancora.
Alba rimaneva in silenzio accovacciata sul masso erratico che sorreggeva il muro perimetrale della casupola .
Ascoltava, cercando di percepire i suoni più sottili, lievi , provenienti dalle montagne dai suoi amici Stambecco e Aquila, Camoscio e Gipeto
Avvertiva un silenzio assordante.
La natura diffondeva segnali che le Tre Levanne avevano captato ma di cui non coglievano appieno il significato.
Ottobre era giunto prima del solito bussando alla maestosa porta d’ingresso della casupola con un freddo vento proveniente da nord.
Il camino acceso riscaldava la stanza sebbene i pensieri e i cuori delle tre sorelle si facevano di giorno in giorno più cupi.
Novembre dal canto suo non fu sicuramente più lieto, già nei primi giorni parecchi centimetri di neve soffice avevano ammantato il prato antistante la dimora.
Arrivò Dicembre , ardito, furente e gelido.
Nella prima decade oltre due metri di neve.
Le tre Levanne continuavano la loro vita vicino al camino, dove, insieme ai loro animali cercavano conforto. Le provviste stavano oramai terminando, Nives divideva le sue porzioni di cibo con le sorelle e le amate caprette.
Dai piccoli pertugi liberati a forza da Giana entrava una strana luce biancastra, sospesa, impalpabile, quasi magica.
Si avvicinava ormai il Natale e le sorelle erano solite adornare la casa con rami di abete decorati con fiori secchi, drappi di tessuto e piccoli fiocchi di neve realizzati sapientemente all’uncinetto da Nives.
L’isolamento forzato per le avverse condizioni meteorologiche ne aveva impedito la realizzazione.
La sera di Natale, tristi, accanto al fuoco, Alba Nives e Giana si stavano per addormentare per l’ultima volta
quando…
gli strani loghi druidici intagliati dal mastro del bosco nel legno della porta e scolpiti sulla cappa del camino iniziarono a roteare, illuminandosi ed emanando uno strano bagliore argenteo.
Uno sconquasso , subbuglio ,trambusto… l’intera casupola si sollevò velocemente al di sopra del lago Dress.
Le tre sorelle avevano oramai compreso il senso della loro esistenza, dei doni e capacità che le rendeva uniche e …..del loro futuro.
Creature della natura, alla natura sarebbero ritornate sotto nuove vesti .
La Trasmutazione stava avvenendo.
Giana la più imponente delle tre si trasformò nella cima maestosa, centrale e aguzza dai pendii ruvidi ma accoglienti. Al centro del gruppo montano, Nives la gracile completò la sua metamorfosi appoggiandosi alla più corpulenta sorella, mentre Alba, la giovane vivace, si cimentò in voli e salti pindarici per poi adagiarsi al fianco sinistro della maggiore.
Caro lettore questo racconto di fantasia lascerà presto il posto a descrizioni più dettagliate e veritiere della valle, delle sue bellezze e criticità, delle opportunità per le generazioni attuali e future.
A presto….
E ricorda … Tutto è connesso “Non si può toccare un fiore senza disturbare una stella” dall’Ente Parco Gran paradiso



Autore
Luca Belotti