WAITOMO CAVES, IL VENTRE DI MADRE TERRA, LO SQUALO E LA VIA LATTEA

Autore: Luca Belotti

Caro viandante oggi ti vogliamo narrare del nostro viaggio all’interno del pianeta, nelle grotte di Waitomo dove anche Dante , disceso negli inferi, si sarebbe stupito alla vista  meravigliosa di stelle, costellazioni, dell’intera volta celeste sollevando lo sguardo speranzoso verso l’alto alla ricerca di una luce di un segno divino.  

Piove a dirotto e sull’allegro torpedone governato da James la compagnia tolkeniana sonnecchia.

Voci sopite si alzano di tanto intanto stimolate da visioni particolari che la strada serpeggiante ci regala dietro ad ogni curva, ad ogni meandro, quando la nebbia, accucciatasi sulle colline saltellanti si dipana, rivelando al viaggiatore i contorni sbaveggiati del paesaggio.

Stupore…  alberi millenari,  Agathis australis (Kauri),  conifere endemiche appartenenti alla famiglia delle  Araucariaceae, fossili viventi del giurassico e come vengono denominati dai Mauri “Te Matua Ngahere “, il padre della foresta”, sembrano sorreggere il cielo appiattito, mutevole e tangibile di queste terre australi. 

Il tronco bianco-grigiastro alto anche 50 metri è stranamente inciso da linee oblique che disegnano figure geometriche vegetali come rombi e parallelogrammi mentre le fronde si allargano verso l’alto abbracciando il cielo come in quadro surrealista di Magritte.

Il territorio della Nuova Zelanda, in continua evoluzione, modellato dal fuoco e dalle acque, dai sussulti e dalla quiete, si offre agli sguardi incuriositi poco a poco, svelando le sue intimità solo ai puri di cuore come ci hanno raccontato i nostri amici Maori.

Ci avviciniamo alla meta ancora inconsapevoli di quello che ci accadrà di lì a poco. 

Scendiamo dal nostro mezzo di locomozione e ci avviciniamo all’entrata della grotta. 

Ci accolgono allegre immagini lignee che con i loro occhi indagatori ci guardano, osservano e sembrano suggerire di tener spalancati gli occhi della mente e del cuore.

La guida Maori ci conduce all’interno degli inferi, scendiamo barcollando una scalinata ferrea, tremolanti per l’improvvisa oscurità e uno strano senso di inquietudine. Raggiungiamo tenendoci per mano una prima sala che improvvisamente si illumina mostrandoci l’arte creatrice del pianeta.  

Colonne, architravi e animali mitologici pietrificati si mostrano ai nostri occhi non ancora abituati alla nuova luce. 

Solleviamo quindi gli occhi stupiti verso l’alto e scorgiamo strani ghirigori incisi nelle rocce.

La natura ha saputo intrecciare strani fili del tempo realizzando falpalà, trine, entredaux , modellando questi litotipi calcarei, sollevatisi dai fondali oceanici, quasi fossero tessuti pregiati per adornare Papatuanukua, la grande Madre Terra.

Papanga pai mo te whenua whaea

Tessuti pregiati per te Madre Terra

La guida intona un antico canto maori che ci illustra l’atto generativo di tutte le cose

mentre scendiamo nell’intimità creatrice della vita.

Notiamo uno strano bagliore e percepiamo un suono soffuso, ripetitivo, leggero, il battito del cuore di questo organismo vivente in cui ci stiamo addentrando come piccoli simbionti, ne avvertiamo i respiri, i pensieri , i movimenti, l’abbraccio e la cura.

Saliamo su di una strana imbarcazione barcollante su un letto fluttuante. 

Ci accoccoliamo l’uno nell’altro, entriamo nel flusso e ci facciamo trasportare.

La nostra guida possente come un moderno caronte governa l’imbarcazione e ci conduce lentamente all’interno di una grande sala. 

Sgomento, meraviglia, confusione e delizia…. 

All’improvviso scorgiamo singolari bagliori cerulei, scintillanti, pulsanti e … strane costellazioni.

Cullati dalle parole e dai canti del nostro gentil caronte siamo trasportati in altre dimensioni. 

Multiversi ancestrali ci narrano di antichi riti maori in cui i giovani adolescenti dovevano superare prove di coraggio, fluttuare nella linfa vitale di Madre Terra, seguirne le rotte tracciate seguendo le indicazioni di queste galassie e individuare lo squalo Māngōroa, la via lattea, per ritrovare l’uscita della grotta e rinascere a nuova vita. Solo così i giovani potevano guadagnare il tanto agognato Moko, tatuaggio del viso, di cui solo gli uomini adulti si potevano adornare.

Lo spirito di Hohepa ci accompagna in questo viaggio e ci narra come solo dopo molti giorni passati nel ventre di Papatuanukua riuscì a trovare l’uscita ma il tempo all’esterno della Grotta era trascorso in modo inesorabile…

Vaga ancora triste, alla ricerca della sua amata…

I nostri occhi, oramai abituati alla strana luce soffusa, intravvedono nuove costellazioni nel cielo virtuale e reale al tempo stesso, ci divertiamo a tracciarne i contorni nel silenzio mistico che ci avvolge. Gli occhi corrono assetati di conoscenza, disegno con le dita draghi, druidi e strane creature mitologiche come grifoni e sfingi e tra loro intravedo solo per un attimo Madre Terra che mi istruisce su questo singolare fenomeno.

Si tratterebbe di una sorta di larva luminescente Arachnocampa luminosa che vive ancorata alle rocce della volta della grotta e proietta la sua luce per attirare ignare creature.

Sebbene la spiegazione scientifica colmi la mia sete di sapere rimango attonito per lo splendido spettacolo e sempre più convinto che la natura abbia ancora molto da insegnare. 

Seguiamo lo squalo Māngōroa e mentre la luce da fioca si amplifica intravediamo una via d’uscita… l’imbarcazione si avvicina all’apertura che appare come una grande bocca… e come moderni Giona veniamo letteralmente trascinati da un turbine luminoso verso la terraferma.

Ci riappropriamo dei nostri sensi reali e consapevoli dell’esperienza mistica vissuta ringraziamo Madre Terra Papatuanukua che, con uno scroscio d’acqua improvviso, ci saluta e ricorda di amplificare i sensi e le percezioni per poter accarezzare e forse cogliere i misteri della natura.

Luca Belotti mapper e sognatore


    Autore
    Luca Belotti
Condividi su